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“Un Ape Piaggio Camper monoposto come mezzo di trasporto e cellula abitativa per affrontare gli spazi aperti dell’esistenza, nuova forma di nomadismo tragicomico, viaggio solitario senza speranza dove ciò che resta sono lentezza e libertà. Metafora di un’esigenza, ossimoro concreto, si pone tra il veicolo di chi, ormai in pace, non deve andare oltre il quotidiano, e la necessità di lasciare gli ormeggi per una traversata senza dove. Veicolo assurdo dai risvolti concettuali e ironici, è soprattutto realmente funzionante, sobrio e rifinito, adatto a sperimentare in prima persona la ostinata e coraggiosa radicalizzazione dei bisogni essenziali.” (P. M. Bedon)
L’idea di camperizzare un Ape 50 nasce a metà circa degli anni ’90 da discussioni collettive tra amici, ripresa qualche anno più tardi in un fumetto (mai edito) su un gruppo di persone che vive in diversi tipi di camper, roulotte e rimorchi ai margini di un’affluente società contemporanea. Il progetto si concretizza qualche anno più tardi dopo la visione del film di David Linch “The Straight Story”, il cui titolo è un gioco di parole tra il significato letterale la storia così com’è (in Italia è uscito come Una Storia Vera), e la vera storia del protagonista che di cognome si chiama appunto Straight. Questi è un anziano agricoltore del mid-west americano che al crepuscolo dei propri giorni decide di far visita al fratello, col quale non ha rapporti da anni in seguito a un litigio. L’unico mezzo di trasporto di cui dispone è un piccolo tagliaerba semovente, come un trattorino, al quale aggancia un carrello allestito con un telo e tutto il necessario per dormire e cucinare, e con questo parte, solo, per un viaggio di parecchi giorni verso il fratello che vive a oltre trecento chilometri di distanza.
Nel 2005 ho presentato il progetto nella sua versione attuale al Concorso dell’Assurdo in occasione di Mercurdo, Festival Biennale dell’Assurdo, e l’idea è stata premiata. In seguito gli organizzatori hanno finanziato la realizzazione del prototipo, che è stato presentato nell’edizione successiva del 2007, ed è ora parte della collezione permanente del Museo dell’Assurdo di Castelvetro di Modena.
Davide Bignami |
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